Normal Gossip

La recensione del podcast definitivo per gli amanti del gossip (e non solo)

Qualche anno fa sono andata da sola a New York per un viaggio di lavoro. Tra un meeting e l’altro mi sono infilata in uno di quegli eventi di “networking” per sole donne. Tutto bellissimo, se non fosse che sono le classiche occasioni in cui se vai completamente in solitaria rischi di non riuscire a parlare con nessuno e di trovarti in un angolo a bere un cocktail con i petali di fiori offerto dagli organizzatori. Sono arrivata a tanto così da abbandonare la nave e rifugiarmi nel mio albergo col letto enorme, quando in bagno ho stretto amicizia con una ragazza australiana. Abbiamo trascorso tutta la serata insieme e dopo troppi cocktail coi petali di rose ci siamo scambiate i numeri e, essendo entrambe sole in città, abbiamo deciso di visitarla insieme il giorno dopo. È così che un sabato mattina mi sono trovata, in hangover, all’ottavo piano del Whitney Museum a fare colazione con una mezza sconosciuta mentre mi confessava di aver recentemente tradito suo marito con un collega durante una trasferta lavorativa (non questa, credo).

Non lo aveva detto a nessuno, tranne me. Era una cosa epica, un momento di svolta nella sua vita e io ero la custode di questo segreto che ho potuto poi raccontare ai miei conoscenti senza rischiare di rovinare la vita di nessuno. È quello che certi chiamano farsi gli affari altrui, mentre Kelsey McKinney lo definisce normal gossip: succosi, scioccanti e a tratti divertenti aneddoti sulle vite di altre persone che non conosciamo e che forse non conosceremo mai. L’idea del podcast nasce proprio da questo bisogno, cioè di conoscere dettagli e pezzetti delle vite degli altri da raccontare poi ad altri. Necessità che è sempre stata presente per McKinney ed è venuta meno durante la pandemia, quando la cerchia di persone con cui rimanere in contatto e gli argomenti di cui parlare si sono improvvisamente ristretti. Il gossip che mancava a McKinney non è né quello relativo alle vite luccicose delle celebrity, né quello acido e giudicante delle vecchie in coda alle Poste. Aveva bisogno di quel normal gossip che si infila direttamente nelle vite degli altri, nelle loro scelte e nelle loro situazioni e ti fa nutrire una sorta di sana empatia verso degli sconosciuti.

Un anziano Giacomo (nel mezzo) racconta a Chiara l’ultimo gossip del suo ufficio

Per farla breve potrei dire che Normal Gossip è musica per le orecchie dei ficcanaso, che se passano davanti una finestra senza tende si fermano per guardarci dentro (evviva il Nord Europa), per quelli che buttano un occhio sullo schermo di uno smartphone che si illumina o che, ancora, quando un collega condivide lo schermo durante una chiamata, guardano i file sul desktop, le cartelle aperte, e sono pronti a leggere ogni minuscola notifica che dovesse apparire. Se volessi buttarla sul poetico-patetico direi che è il podcast per chi osserva gli altri e si immagina le loro vite. 

McKinney invece si appoggia addirittura su delle basi teoriche, riprendendo un articolo che aveva scritto per il New Yorker, in cui spiegava come il fare gossip non vada considerato peccato e analizzando il rapporto che intercorre tra gossip e la chiesa cristiana conservativa. In quell’articolo McKinney usa studi antropologici e analisi psicosociali per dimostrare come in passato il gossip sia stato demonizzato soprattutto da figure autoritarie (solitamente di sesso maschile) per mettere a tacere possibili verità scomode sul loro conto, condannando quindi questa piacevole attività a essere considerata un comportamento immorale e onanistico. In realtà, il gossip avrebbe un’importante funzione sociale: aiuta a instaurare rapporti di amicizia in dinamiche di gruppo e a rompere eventuali strutture di potere tossiche a livello sociale. 

In Normal Gossip, sebbene vengano date queste premesse nella prima puntata, il tono è molto più rilassato e ci si diverte ad esplorare la parte più leggera e superficiale: farsi genuinamente gli affari altrui. Si parla di storie di vita normali di persone normali e proprio per questo incredibilmente interessanti: ci imbattiamo in un novello fidanzato dalle dubbie dinamiche familiari, in un gruppo di knitters di provincia messo in subbuglio da una fotografa appena trasferitasi in città, o ancora in intrecci sospetti all’interno di un gruppo di post-dottorandi.

Ascoltare Normal Gossip mi ha lasciata addosso una tranquillità inaspettata, quella che ho quando sono seduta sul divano insieme a un’amica con cui ci siamo raccontate così tante cose di noi che iniziamo a parlare di sconosciuti, pur di non smettere di parlare e nel podcast ho ritrovato quella spontaneità fatta di risatine incontrollabili e commentini pungenti.

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✏️Autore: Kelsey McKinney per Defector Media

🎧 Consigli di ascolto: ho ascoltato una puntata ogni mattina, tra la colazione e la passeggiata intorno casa per prendere un po’ di quei tenui raggi di sole pre-primaverili che ci ha regalato Berlino e consiglio di fare lo stesso. Anche se non siete a Berlino. Anzi, meglio.

🧁 Bonus: qui interviene Giacomo, che di questo podcast non sa niente ma invece sa tutto su Defector Media. È una delle sue storie di giornalismo preferite e di cui in Nordamerica si parla molto. La storia va più o meno così: c’era una volta Deadspin, uno dei migliori siti di sport in circolazione. Era una specie di aggregatore di blog molto curato, pieno di illuminanti longform, analisi tecniche e classifiche dei giocatori più sudati stilate da una redazione un po’ cazzona. Gente brava a scrivere, che si divertiva a farlo senza un piano editoriale. Poi, tagliando cortissimo, è arrivato un fondo di investimento ad accaparrarsi il tutto, ponendo fine a tutta questa bellezza e provocando una fuga di massa. Conseguenza: la morte di Deadspin. Trascorso qualche mese gran parte della suddetta redazione un po’ cazzona ha fondato Defector Media, che vive grazie alle sottoscrizioni di tutti quelli che, come Giacomo, piangevano la morte di Deadspin. Il loro claim aziendale è All of our bullshit, none of theirs. Come non volergli bene?