Due volte che sono morto

La recensione di un podcast sui morti che non erano tali

Immaginate di camminare per il centro della città in cui vivete e di incrociare lo sguardo di persone che vi guardano stupefatte. Queste, avvicinandosi, vi dicono: «Ah ma allora non eri morto». È ciò che è accaduto a Paolo Nori, che è morto per ben due volte.

Due volte che sono morto è il racconto personale e niente affatto cronologico dei due gravi incidenti che hanno coinvolto Paolo Nori, scrittore ed esperto di letteratura russa, a distanza di quattordici anni l’uno dall’altro. Nel primo incidente, è stato ricoverato al centro gravi ustionati di Bologna per ben settantasette giorni, mentre nel secondo è stato in coma farmacologico per cinque giorni a seguito dopo essere stato investito. In entrambi i casi la notizia della sua morte si è erroneamente diffusa sui giornali nazionali, rendendo il 2013 e il 1999 i picchi della massima popolarità di Nori. Come spesso accade in queste situazioni, a fare i conti con l’impatto mediatico sono stati i familiari di un ignaro Nori, che non ricorda praticamente nulla dei due incidenti e dei giorni immediatamente successivi, se non quello che gli è stato raccontato da staff medico e parenti.

La trama di questo podcast ruota proprio attorno a questo dettaglio, trasformandosi in una sorta di investigazione retrospettiva di Nori su ciò che gli è accaduto. Lo scrittore parmense, accompagnato dall’’autrice Silvia Righini e dal tecnico del suono Guido Bertolotti, indaga microfono alla mano su quanto è accaduto, accompagnando l’ascoltatore in tour guidato su e giù per la linea temporale di quei terribili e assurdi momenti. Intervistano i suoi fratelli, amici lontani, medici, soccorritori e perfino chi lo ha investito, nel tentativo di sgombrare il campo da notizie inaccurate e, a volte, false che sono state pubblicate sui giornali nazionali in quegli anni. 

Nori stesso, a un certo punto della prima puntata, afferma che Due volte che sono morto è un podcast “sporco”, fatto di registrazioni sul campo, a volte rubate da Bertolotti a sua insaputa, con un montaggio all’apparenza poco lineare e con molte divagazioni, che non riguardano solo la vasta conoscenza sulla cultura russa di Nori, ma anche, e soprattutto, la sua vita privata e le conseguenze che i due incidenti hanno avuto nel prosieguo della sua esistenza. Non solo perché coincidono con le pubblicazioni dei suoi romanzi ma anche perché collimano con l’incontro della sua compagna, o altre vicende nella storia della sua famiglia. Ascoltare Due volte che sono morto è come ritrovarsi seduti su una di quelle trattorie con le tovaglie a scacchi e uno stanco arredamento di legno scuro dall’antichità imprecisata, per un placido pranzo con unə amicə che non vedete da tanto, con le orecchie tese ad ascoltare tutto quello che ha da dirvi, accompagnati dall’accento parmense di Nori, cremoso come il ripieno di un tortello di zucca.

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✏️Autore: Paolo Nori per RaiPlay Sound / Chora Media