Lights Out

La recensione di un podcast antologico per chi ama le proprie orecchie.

Uno dei motivi per cui mi sono avvicinato al gioioso mondo dei podcast è stata la possibilità di ascoltare storie mentre facevo dell’altro. Ai tempi della mia rivelazione sulla via della narrazione audio, “dell’altro” consisteva nello stare in un ufficio a cercare i contatti di rettori universitari, per poi copincollari in una serie di fogli Excel: un lavoro veramente pregno di significato, responsabilità e attività neuronale, a cui sono sopravvissuto per un intero anno solo grazie allo sterminato catalogo di This American Life. Oggi le cose mi vanno decisamente meglio e, nonostante continui ad ascoltare podcast in ogni momento della giornata, mi piace ritagliarmi degli spazi di tempo per sedermi comodo in poltrona, mettermi le mie cuffie preferite e ascoltare con calma e attenzione quello che ho scelto di offrire alle mie orecchie. È un piccolo atto di amore che di tanto in tanto mi concedo e che mi piace pensare di regalare anche a voi con Lights Out, una raccolta di audiodocumentari della BBC.

Assemblato con cura da Falling Tree, una delle case di produzione audio più conosciute al mondo, la nuova stagione di Lights Out si presenta come un’antologia di sei lavori ad opera di altrettanti autori, ognuno con una cifra stilistica ben definita e un approccio molto personale alla materia trattata. Il podcast non ha un filo conduttore a livello tematico. Ad accomunare i sei episodi c’è solamente la scelta di lasciare spazio a storie che si muovono alla periferia di alcune delle tematiche più pressanti del nostro reale, approciandole delicatamente e invitando l’ascoltatore, qui trattato come essere raziocinante con una soglia di attenzione superiore ai due minuti, a trovar l’eventuale significato che si cela al loro interno. A rafforzare questa scelta, c’è la decisione di non usare un narratore in nessuno dei lavori, lasciando che sia la giustapposizione di voci e suoni a guidare l’immaginazione di chi è all’ascolto tra le proteste di un gruppo di attivisti in pensione, il mondo pieno di confortevoli fruscii di un radioamatore di Kiev e le cosmiche connessioni tra gender, colonialismo e il sistema solare.

Gli episodi si differenziano anche per l’approccio stilistico al racconto, preferendo ora una frenetica stratificazione di voci, ora un ricco e avvolgente tappeto sonoro. In tutti i casi il livello di produzione è stellare, giustificando l'entusiasmo che si è creato intorno a questo podcast nel mondo della radiofonia britannica e lasciando in chi ascolta quella fluttuante sensazione di meraviglia che si prova quando ci si trova davanti a lavori di cotanta fattura.

Non vi negherò che ascoltare Lights Out è complicato: è un podcast che va preso con i giusti tempi, dedicandogli attenzione e cura pari a quelle che sono state messe dagli autori nel concepimento dei loro pezzi. Siamo agli antipodi rispetto a quel fast food per le orecchie di cui ci ingozziamo felici mentre viaggiamo sui mezzi pubblici o facciamo finta di occuparci delle faccende di casa. Al tempo stesso, gli audiodocumentari di Lights Out sono un incredibile regalo per tutti gli amanti dell’audio, dei delicati ed effimeri piatti da gustare con l’ammirazione per le cose fatte davvero per bene.

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🎧 Consigli di ascolto: Call Signs, l’episodio sulla storia del radioamatore ucraino, è una delle cose più belle che ascolterete quest’anno. 

🎧 Altri consigli di ascolto: se lavorate con l’audio e con le storie delle persone, il primo episodio e le sue riflessioni sull’etica dei documentaristi (fatto da una documentarista) dovrebbe esser materiale di studio.