Philosophy & The City

La recensione di un podcast in cui bionde, sesso e filosofi si incontrano

l mio professore di filosofia del liceo aveva, ai miei occhi, un fascino tutto suo, fatto di grandi abilità oratorie e vasta cultura. Ma quando decise di spiegarci il mito della caverna di Platone facendoci guardare Matrix, è lì che mandò in brodo di giuggiole l’intera classe, senza confini di genere. È stata la prima volta in cui ho scoperto l'ebbrezza della commistione dei generi, in un’adolescenza, quella binaria degli anni duemila, in cui ero costretta a scegliere se essere o fascista o comunista,  fighetta o alternativa,  bella o intelligente.

Philosophy & The City fa della fusione tra diletto e intelletto la sua caratteristica principale. Giada Biaggi, l’host e autrice, ha un dottorato in filosofia, è bionda e ha una passione per Miuccia Prada, Lana Del Rey, Deleuze e Sartre. Negli episodi del suo podcast queste apparenti contraddizioni convivono e coesistono in un saliscendi di ipercitazionismo, passando da Mediaset al post-strutturalismo in una manciata di secondi. È così che questo podcast, fatto di pellicce di visone (rigorosamente vintage) e aulici riferimenti metafisici, diventa uno spazio in cui sesso e cultura si incontrano senza contrapporsi. Gli episodi della prima stagione sembrano pensati come lezioni di un corso monografico sulla filosofia e sul suo rapporto con la sessualità. Da un certo punto in poi, Philosophy & The City amplia gli orizzonti e con le sue “News Edition” apre uno sguardo sul contemporaneo. Fino agli ultimi quattro episodi disponibili a oggi, prodotti in collaborazione con l’azienda cosmetica Caudalie: un piccolo compendio in cui si indagano i fondamenti esistenzialisti alla base della nostra ossessione per la skincare.

Il podcast è un progetto indipendente, registrato e montato in solitaria dall’autrice e per questo ha dei limiti nella qualità audio che però rispecchiano a pieno quel connubio tra alto e basso, e quindi contribuiscono a confermare l’intento di rottura del podcast. Ascoltarlo è una piacevole esperienza dal sapore glam-punk, in cui vi troverete a empatizzare con Hannah Arendt “ghostata” da Heidegger o a scoprire cosa unisce la musica trap al futurismo di Tommaso Marinetti. E attenzione a non perdervi i “finali pazzi”, come li chiama Giada. Piccoli viaggi in improbabili scenari onirici dove le sue fantasie di bionda e intellettuale si fondono in melliflue storie in cui è impossibile capire dove finisce il trash e dove inizia la cultura.  

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✏️Autore: Giada Biaggi

🎧 Episodio consigliato: più che un episodio in particolare, consiglio di ascoltarli seguendo l’ordine di pubblicazione (dal più vecchio al più nuovo). Quindi, il primo da cui partire è I boxer di Nietzsche, e da lì continuate fino alla fine della prima stagione. Se proprio devo sceglierne uno, però, il mio preferito è Hotline Heidegger.

🧁 Bonus: non perdetevi l’account Instagram di Giada, per seguire le nuove puntate del podcast, (le “News Edition” sono disponibili anche in formato video), per leggere i suoi nuovi articoli e per mettere like a tutte le foto di Vittorio, il suo Cocker Spaniel.