Sei stato felice?

La recensione di un podcast su eutanasia e amore

Il 1980 è stato l’anno di Ustica, della strage di Bologna, dell’omicidio di Walter Tobagi e del giudice Gaetano Costa. In mezzo a questa scia di sangue la notizia della scomparsa di una giornalista che stava preparando un reportage in Libano ha subito il torto più grande: l’oblio. Omissis, una serie originale di Rai Radio 3, ripercorre una vicenda fitta di misteri sulla quale ancora oggi grava il segreto di Stato. 

A sottrarre la storia di Graziella De Palo dalle grinfie dell’oblio è stata una voce amica, quella di Loredana Lipperini che conosceva Graziella dai tempi del liceo. La voce narrante ci racconta in prima persona il vissuto di una ragazza nata a metà degli anni ’50 che insegue le tracce del traffico d’armi tra l’Italia e il Medio Oriente per conto di un prestigioso quotidiano nazionale. Il mistero della sua scomparsa si intreccia alla catena di eventi tragici che hanno insanguinato la penisola all’inizio di quel decennio. Se depistaggi, servizi segreti, gruppi sovversivi e casi irrisolti vi intrigano questo podcast è fatto proprio per le vostre orecchie. 

Durante l’ascolto delle cinque puntate mi sono immedesimato nella voce narrante, sono entrato nella sua esperienza vissuta e per un attimo mi è sembrato di poter toccare con mano le lettere che ogni giorno Loredana e Graziella si scambiavano mentre vivevano la loro adolescenza nella Roma degli anni ’70. Un’ambizione comune le porterà appena ventenni a lavorare nella sede del Partito Radicale in via di Torre Argentina. Quel lavoro segnerà un punto di svolta nella vita di Graziella, una traiettoria inaspettata che nessuna delle due amiche aveva previsto. 

Omissis ripercorre le tracce di un’amicizia spezzata in uno dei momenti più tragici della nostra storia repubblicana. È un racconto sui destini personali che hanno allontanato per sempre due amiche inseparabili. Lo consiglio a chi ama le storie narrate in prima persona, a chi si ostina a cercare la verità, a chi custodisce con cura il ricordo delle persone care. 

C’è un momento, tra i tanti, che mi ha particolarmente toccata in questo podcast e ho deciso di iniziare questa recensione raccontandovelo. Siamo nel 2006 e Marco Ricco, anestesista, si sta godendo il sole di settembre in spiaggia quando Piero Welby, un malato grave di distrofia muscolare, chiede attraverso una lettera pubblica all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che gli sia consentito di porre fine alla propria vita. Riccio sarà l’unico medico a rispondere a questo appello. Io me lo immagino mentre torna a casa di corsa, sudato e ancora sporco di sabbia, appositamente per guardare in televisione giornalisti e opinionisti discutere di questo momento memorabile della recente storia italiana: il fine vita, eutanasia, suicidio assistito. Tutte parole che da lì in poi diventeranno di uso comune. Ma partiamo dall’inizio.

Sei stato felice? inizia come il racconto commovente e toccante della storia d'amore tra Mina e Piero Welby, e termina in una sorta di reportage-opinionistico su una delle questioni più cruciali nei dibattiti etici degli ultimi anni: il diritto di morire e l'esigenza di avere la libertà di farlo nel modo e nei tempi che si preferiscono. Mina e Piero si conoscono quando la distrofia muscolare aveva già iniziato il suo corso, si scelgono e si amano fin da subito, tanto che Mina si trasferisce a Roma dal Südtirol per vivere insieme a Piero e alla sua famiglia. I due stipulano fin da subito un patto: se Piero non dovesse riuscire più a respirare, l’Asburgica, come la chiama affettuosamente lui, non avrebbe chiamato i soccorsi. Nei primi episodi del podcast la voce di Chiara Lalli accompagna quella di Mina nel ripercorrere le tappe significative della loro storia d’amore, scandita dal costante peggioramento della malattia, fino alla prima crisi respiratoria di Piero in un pomeriggio del 1997. Quel momento segna una svolta: Mina decide di chiamare il 118 sapendo di rompere il patto su cui si basava la loro storia. Ed è in questo momento che si presenta all’ascoltatore la domanda che ritornerà più volte nel podcast, quella alla quale non c’è risposta: riusciremmo a lasciare morire la persona che amiamo, se è quello che vuole veramente?

In quel momento Mina non ci riesce, salva la vita a Piero contro la sua volontà e trascorrerà gli anni successivi a cercare di riconquistare la sua fiducia. Nove anni più tardi Piero deciderà di voler porre fine alla sua vita e lo farà pubblicamente chiedendo supporto al Sistema sanitario nazionale e allo Stato attraverso una lettera aperta a Napolitano. Dopo più di ottanta giorni di attese, richieste e pretese, Piero riesce nell’intento di sentirsi finalmente libero di scegliere e, nello stesso istante, Mina perde la libertà di tenere in vita il suo amore.

Nell’ultima puntata la storia di Piero e Mina si intreccia con quelle di chi è venuto dopo di lui, sottolineando come la sua vicenda abbia fatto da apripista per chi si trova ad affrontare le difficoltà giuridiche e le resistenze etiche di una scelta così estrema. Così il racconto di una storia d’amore di Sei stato felice? diventa il veicolo attraverso cui portare l’ascoltare a riflettere su quanti e quali ostacoli si trovi davanti chi, in fondo, vuole solo avere l’opportunità di decidere cosa è meglio per sé. Il podcast è stato prodotto in collaborazione con l'Associazione Luca Coscioni, di cui Welby è stato co-presidente, e i racconti delle altre persone che hanno scelto o vogliono essere libere di farlo sono di quelle che si sono appoggiate all'associazione.

Sei stato felice? è un lavoro di grande impatto emotivo, una storia di dolore e di libertà ma anche di profonda consapevolezza. La narrazione diretta di Chiara Lalli, accompagnata da momenti di commozione ed empatia nei confronti delle storie raccontate, ci permette di comprendere la portata enorme che certe scelte hanno sulla vita di chi (soprav)vive soffrendo.

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✏️Autore: Chiara Lalli per Miyagi Entertainment

🧁 Bonus: sul sito dell’associazione si può ascoltare per intero la lettera aperta di Welby e si può leggere anche la risposta di Napolitano.